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24 aprile 2018

PER FARE UN ALBERO CI VUOLE IL SEME (GIUSTO)

 

Sono di questi giorni i video raccapriccianti di ragazzini che minacciano o offendono i propri docenti e, sempre di questi giorni, è una sentenza della Cassazione che "promuove" la figura del docente a pubblico ufficiale.

Fa male vedere tanto disprezzo per gli insegnanti.

Io ci discutevo con i miei insegnanti. Alcuni non erano competenti al cento per cento, ma erano al cento per cento persone. Di questo non me ne dimenticavo mai. Ho fatto delle lotte feroci con alcuni miei insegnanti ma sempre sul piano del confronto intellettuale e sempre rispettandone l'autorità (benché io abbia avuto sempre un chiaro conflitto con l'autorità).

Non dico che siamo stati tutti fortunati come Marco Aurelio che nei suoi diari ringrazia sentitamente i suoi maestri per le lezioni di vita impartite; faccio per dire: la mia prima maestra elementare era un disastro. Ci ha fatto crescere con la paura delle merendine e dei succhi di frutta, con la convinzione che dietro le figurine ci fosse la droga e con il senso di colpa per la sua sindrome da surmenage alle corde vocali di cui ci indicava responsabili e per cui inghiottiva decine di caramelle gommose che lei definiva "schifezze" (io pensavo: a me sembrano caramelle gommose multi-frutti).

Abbiamo senz'altro tutti subìto dei torti ma sono purtroppo quei torti a mostrare chi siamo davvero. Perché un torto genera una crisi e la crisi può essere un problema o una possibilità. L'insegnante non è che una riduzione ai minimi termini della vita, una sorta di esperimento di laboratorio che dà risultati in scala. Non è lui il responsabile dell'andamento delle nostre esistenze da adulti bensì una prima cartina tornasole di come affronteremo la sorte.

Se siamo dei cacasotto, l'insegnante probabilmente si inasprirà nei nostri confronti perché annusa la paura; se siamo dei lavativi forse ci prenderà in simpatia perché tanto sa che c'è poco da fare; se siamo pigri ma sa che possiamo dare di più si incazzerà e ci metterà i bastoni tra le ruote. D'altra parte non agisce così pure la vita? Crediamo davvero che l'insegnante sia la risoluzione a tutti i problemi psichici dei nostri figli? Siamo fuori strada. L'insegnamento nei paesi scandinavi, per esempio, è molto approntato all'autogestione ma, lo sappiamo benissimo, in Italia non funzionerebbe. I nostri figli (anzi: i vostri figli perché io sfortunatamente non ne ho) non crescono con l'idea di doversela cavare da soli, bensì con madri iperprotettive che sono pronte a tirare fuori gli artigli per difendere i propri pargoli dalle minacce del sistema (e del digiuno). La brutta notizia è che, quando saranno grandicelli e i vostri artigli ormai limati da troppe manicure, non avranno imparato a farlo da soli e aspetteranno sempre che qualcuno metta una pizzetta al pomodoro nella loro ventiquattrore.

Quando l'insegnante tenta approcci più creativi e cerca di sviluppare la creatività del discepolo, ecco che arriva il genitore sapiente a tacciarlo di nullafacenza; quando il docente cerca di far fare un salto intellettivo all'allievo e, per questo, si passa attraverso una lacrima, ecco che arriva la madre con lancia e scudo a difendere il pargoletto indifeso (bloccando irrimediabilmente un processo di crescita che era appena cominciato).

Davvero pensate che le reazioni degli studenti dipendano dagli insegnanti? Siete convinti che il carattere dell'insegnante faccia la differenza, vero?

Allora vi parlerò di Jana.

Jana è stata (è e sarà sempre) la mia insegnante di canto. Jana mi ha fatto sentire ignorante. Jana mi ha torturato la mente con esercizi frustranti. Jana mi ha sfiancato e mi ha umiliato con altezze che non raggiungevo. Jana mi ha stressato e mi ha fatto sudare. Soprattutto: Jana mi ha fatto piangere, mi ha messo in crisi, mi ha spinto ad andarmene a cercare altri insegnanti.

Jana è la donna più dolce che io conosca. E' una materna signora di Praga, con gli occhi azzurri e il sorriso che illumina i cuori più rabbuiati. Colta, paziente, elegante, Jana ti offre un succo di frutta prima della lezione. Jana è e sarà sempre per me uno dei maestri che porto nel cuore.

Lasciate ora che vi parli di Gianni. Gianni è stato (è e sarà sempre) il mio maestro di recitazione. Gianni mi ha fatto sentire ignorante. Gianni mi ha sfiancato e mi ha umiliato con copioni con cui non riuscivo a misurarmi. Gianni mi ha stressato e mi ha fatto sudare. Soprattutto: Gianni mi ha fatto piangere, mi ha messo in crisi, mi ha spinto ad andarmene a cercare altri insegnanti. Gianni è e sarà sempre per me uno dei maestri che porto nel cuore.

Gianni non è un uomo dolce. La sua presenza in una stanza può terrorizzare. Non sai mai quali saranno le sue reazioni (una volta mi ha tirato una sedia). Può usare parole forti ed andare sul personale. Gianni pretende di avere ragione ancor prima che tu possa aver espresso il tuo parere. Gianni pretende che tu non abbia un parere.

Jana e Gianni sono due persone diverse. Eppure, come insegnanti, sono evidentemente molto simili perché mi hanno fatto sentire più o meno nello stesso modo entrambi.

Entrambi hanno generato in me la voglia di non fermarmi, di conoscere, di staccarmi da loro, di andare avanti. Ciascuno con la propria personalità. Due forme diverse di amore altrettanto valide. Io sarò loro eternamente riconoscente.

Così come sarò eternamente riconoscente alla mia insegnante di italiano al liceo che mi prendeva in giro e mi chiamava "avvocato cipolletta"; o all'insegnante di educazione fisica che mi umiliava; o all'insegnante di chimica che mi mise un quattro perché non sapevo le formule chimiche.

Sarò eternamente riconoscente a chi mi ha insegnato qualcosa sia attraverso la dolcezza, sia attraverso il contrasto.

Sarò eternamente riconoscente ai miei genitori che hanno sempre avuto la forza e l'umiltà di non mettersi in mezzo.

Infine, qui sta il punto: sono riconoscente a me stesso per il modo in cui ho reagito alle prove dei miei insegnanti, senza preoccuparmi del come mi venivano poste.

In sostanza, è piuttosto inutile aggredire il contadino se ci ha dato dei pomodori al posto di un melo. Forse quel seme vuole semplicemente essere un pomodoro. Forse quel seme semplicemente non è un melo. Forse ha sbagliato il contadino. O forse abbiamo confuso i semi.

 

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Commenti

  • Errico (martedì, 24. aprile 2018 17:21)

    Sei pronto per l’insegnamento e se avessi dei figli mi piacerebbe che studiassero con te!
    Le tue parole sono vere e anche forti. Aspettiamo la maturazione dei frutti.

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